Noi cominciammo a filosofare per orgoglio e fummo portati così a perdere la nostra innocenza; abbiamo scoperto la nostra nudità e d’allora noi filosofiamo per il bisogno della nostra salvezza. (Fichte)
venerdì 24 maggio 2013
giovedì 9 maggio 2013
La gnoseologia
La conoscenza viene da Aristotele attribuita all'anima e, in particolare, alle anime sensibile e razionali, in quanto quelle vegetative non posseggono tale facoltà.
Poichè sono due le anime saranno due anche i tipi di conoscenza: la conoscenza sensibile (della materialità) e la conoscenza intelleggibile (del sovrasensibile). Entrambe vengono definite quale passaggi dalla potenza all'atto, ma attraverso processi differenti.
La conoscenza sensibile è il passaggio immediato dalla potenza all'atto mediante il contatto diretto tra gli organi conoscitori e le cose che devono essere conosciute che trasforma ciò che è conoscibile e conoscitore in potenza in conoscibile e conoscitore in atto. Tale conoscenza viene paragonata ad uno stampo che lascia impressa a sua forma sulla cera ed è, quindi, determinata dalla nostra sensibilità (la nostra capacità di lasciarci "impressionare" dagi eventi che ci circondano)
La conoscenza razionale, invece, necessita di un intermediario. Infatti, secondo Aristotele, l'uomo pensa attraverso immagini nelle quali sono contenute le forme conoscibili in potenza. Per il primato dell'atto è infatti indispensabile un motore (in atto) che trasformi le immagini in atto, che potranno poi essere riconosciute dall'intelletto potenziale e trasformati in concetti e tale motore viene detto intelletto attivo o agente. La funzione di questo intelletto è paragonata a quella della luce che rende visibili i colori che altrimenti in una stanza buia non possono essere colti.
Per quanto riguarda la conoscenza dell'universale, spiegata da Platone con la dottrina della reminescenza, Aristotele dice che è presieduta dalla parte puramente razionale dell'anima, in passo molto dibattuto dove sostiene che tale inteletto sia immortale (contraddicendo ciò che aveva sostenuto nella definizione dell'anima).
In un bellissimo passo dell'Oraganon, negli Analitici Posteriori, egli afferma che il concetto universale derivi da ripetute esperienze della stessa sensazione che, depositate nell'anima, generano il ricordo e dunque la conoscenza. [Analitici Posteriori, 99b-100a12 in Organon]
Poichè sono due le anime saranno due anche i tipi di conoscenza: la conoscenza sensibile (della materialità) e la conoscenza intelleggibile (del sovrasensibile). Entrambe vengono definite quale passaggi dalla potenza all'atto, ma attraverso processi differenti.
La conoscenza sensibile è il passaggio immediato dalla potenza all'atto mediante il contatto diretto tra gli organi conoscitori e le cose che devono essere conosciute che trasforma ciò che è conoscibile e conoscitore in potenza in conoscibile e conoscitore in atto. Tale conoscenza viene paragonata ad uno stampo che lascia impressa a sua forma sulla cera ed è, quindi, determinata dalla nostra sensibilità (la nostra capacità di lasciarci "impressionare" dagi eventi che ci circondano)
La conoscenza razionale, invece, necessita di un intermediario. Infatti, secondo Aristotele, l'uomo pensa attraverso immagini nelle quali sono contenute le forme conoscibili in potenza. Per il primato dell'atto è infatti indispensabile un motore (in atto) che trasformi le immagini in atto, che potranno poi essere riconosciute dall'intelletto potenziale e trasformati in concetti e tale motore viene detto intelletto attivo o agente. La funzione di questo intelletto è paragonata a quella della luce che rende visibili i colori che altrimenti in una stanza buia non possono essere colti.
Per quanto riguarda la conoscenza dell'universale, spiegata da Platone con la dottrina della reminescenza, Aristotele dice che è presieduta dalla parte puramente razionale dell'anima, in passo molto dibattuto dove sostiene che tale inteletto sia immortale (contraddicendo ciò che aveva sostenuto nella definizione dell'anima).
In un bellissimo passo dell'Oraganon, negli Analitici Posteriori, egli afferma che il concetto universale derivi da ripetute esperienze della stessa sensazione che, depositate nell'anima, generano il ricordo e dunque la conoscenza. [Analitici Posteriori, 99b-100a12 in Organon]
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mercoledì 8 maggio 2013
L'anima
La fisica aristotelica indaga oltre alla natura in generale, anche le strutture degli enti animati e inanimati, irrazionali e irrazionali, con particolare attenzione a quella dell'uomo.
Cio che distinge, secondo Aristotele gli esseri inanimati da quelli inanimati è che gli uni posseggono un'anima, gli altri no. L'anima viene definita quale forma di un corpo dotato di organi che ha la vita in potenza (ricordiamo infatti che tutta la realtà sensibile è per il filosofo composta da sinoli, l'unione di forma e materia).
Appare dunque già chiara la differenza rispetto all'anima dei Presocratici per cui era ridotta ad un solo principio fisico, o da quella platonica, definita incapace di un'armonica conciliazione con la sensibilità: per Aristotele l'anima è mortale e può esistere solo in relazione al corpo di cui è forma.
Attraverso l'analisi della realtà, Aristotele si accorge che gli esseri sono dotati di funzioni e capacità diverse ed individua dunque tre tipi di anima (riprendendo la tripartizione dell'anima di Platone):
1. Anima vegetativa, principio che governa la generazione, la nutrizione e la crescita propria delle piante
2. Anima sensitiva, principio che governa, oltre le funzioni precedenti, le sensazioni, gli appetiti e il movimento, propria degli animali
3. Anima razionale, principio che governa, oltre le funzioni precedenti le azioni razionali e la conoscenza intelleggibile propria dell'uomo.
riguardo le funzioni dell'anima razionale di veda http://filosofiaemeraviglia.blogspot.it/2013/05/la-gnoseologia.html
Cio che distinge, secondo Aristotele gli esseri inanimati da quelli inanimati è che gli uni posseggono un'anima, gli altri no. L'anima viene definita quale forma di un corpo dotato di organi che ha la vita in potenza (ricordiamo infatti che tutta la realtà sensibile è per il filosofo composta da sinoli, l'unione di forma e materia).
Appare dunque già chiara la differenza rispetto all'anima dei Presocratici per cui era ridotta ad un solo principio fisico, o da quella platonica, definita incapace di un'armonica conciliazione con la sensibilità: per Aristotele l'anima è mortale e può esistere solo in relazione al corpo di cui è forma.
Attraverso l'analisi della realtà, Aristotele si accorge che gli esseri sono dotati di funzioni e capacità diverse ed individua dunque tre tipi di anima (riprendendo la tripartizione dell'anima di Platone):
1. Anima vegetativa, principio che governa la generazione, la nutrizione e la crescita propria delle piante
2. Anima sensitiva, principio che governa, oltre le funzioni precedenti, le sensazioni, gli appetiti e il movimento, propria degli animali
3. Anima razionale, principio che governa, oltre le funzioni precedenti le azioni razionali e la conoscenza intelleggibile propria dell'uomo.
riguardo le funzioni dell'anima razionale di veda http://filosofiaemeraviglia.blogspot.it/2013/05/la-gnoseologia.html
La dottrina delle categorie
Aristotelle studiò all'Accademia platonica nel periodo in cui il suo maestro lavorava sui rapporti tra le idee e anche i suoi discepoli fuorono coinvolti in questa ricerca. Per Aristotele, probabilmente, le idee non erano altro che i modi in cui si parla della realtà e poichè il linguaggio rispecchia la realtà dall'analisi del linguaggio inizierà la nostra ricerca ontologica, mediante la dottrina delle categorie.
Definiamo le categorie come i sommi gruppi che raccolgono tutte le caratteristiche predicabili dell'essere attraverso quali, dunque, possiamo descrivere tutta la realtà.
Le categorie, a loro volta, sono suddivise in generi e speci, definendo come genere il termine più ampio in un confronto tra due termini appartenenti alla stessa categoria e come specie il meno ampio.
Le dieci categorie individuate non necessitano di un raggruppamento ancora anteriore in quanto, ipotizzando l'essere come sommo genere non si aggiungerebbe alcun significato, in quanto ogni categoria racchiude l'essere
Ecco le dieci categorie:
1.Sostanza
2.Quantità
3.Qualità
4.Luogo
5.Tempo
6.Avere
7.Relazione
8.Agire
9.Patire
10.Stare
Necessita un' analisi più approfondita la categoria della sostanza. Essa infatti risulta essere prioritaria, sia sul piano del linguaggio (rappresenta il soggetto della frase, indispensabile) sia su quello della reatà (è ciò attraverso il quale facciamo esperienza di tutte le altre categorie).
Inoltre, nell'Usiologia della Metafisica la sostanza verrà definita come atto, ed è quindi ciò che può esistere di per sè.
Con la dottrina delle categorie e, in particolare, nella definizione di sostanza quale essere in senso pieno, Aristotele ridona peso ontologico alla sensibilità, fortemente svalutata dopo la dottrina platonica. Tale concetto viene ribadito anche nella definizione della sostanza prima (l'individuale) come ontologicamente superiore rispetto alla sostanza seconda (l'universale): Aristotele, dunque, pone l'essere nella realtà sensibile, considerazione che lo pone agli antipodi rispetto a Platone. (Anche se, come sarà in seguito esposto, il sommo essere è il Motore Immobile, ente sovrasensibile).
Definiamo le categorie come i sommi gruppi che raccolgono tutte le caratteristiche predicabili dell'essere attraverso quali, dunque, possiamo descrivere tutta la realtà.
Le categorie, a loro volta, sono suddivise in generi e speci, definendo come genere il termine più ampio in un confronto tra due termini appartenenti alla stessa categoria e come specie il meno ampio.
Le dieci categorie individuate non necessitano di un raggruppamento ancora anteriore in quanto, ipotizzando l'essere come sommo genere non si aggiungerebbe alcun significato, in quanto ogni categoria racchiude l'essere
Ecco le dieci categorie:
1.Sostanza
2.Quantità
3.Qualità
4.Luogo
5.Tempo
6.Avere
7.Relazione
8.Agire
9.Patire
10.Stare
Necessita un' analisi più approfondita la categoria della sostanza. Essa infatti risulta essere prioritaria, sia sul piano del linguaggio (rappresenta il soggetto della frase, indispensabile) sia su quello della reatà (è ciò attraverso il quale facciamo esperienza di tutte le altre categorie).
Inoltre, nell'Usiologia della Metafisica la sostanza verrà definita come atto, ed è quindi ciò che può esistere di per sè.
Con la dottrina delle categorie e, in particolare, nella definizione di sostanza quale essere in senso pieno, Aristotele ridona peso ontologico alla sensibilità, fortemente svalutata dopo la dottrina platonica. Tale concetto viene ribadito anche nella definizione della sostanza prima (l'individuale) come ontologicamente superiore rispetto alla sostanza seconda (l'universale): Aristotele, dunque, pone l'essere nella realtà sensibile, considerazione che lo pone agli antipodi rispetto a Platone. (Anche se, come sarà in seguito esposto, il sommo essere è il Motore Immobile, ente sovrasensibile).
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martedì 7 maggio 2013
La metafisica: archeologia, ontologia, usiologia e teologia
Aristotele distinse le scienze in tre grandi gruppi: le scienze teoretiche, che ricercando il sapere fine a se stesso (Fisica, Metafisica e Matematica), pratiche, finalizzate all'agire (Politica ed Etica) e, infine, poietiche, destinate al fare (la arti manuali), definendo l'agire come un' azione che determini una quaità di chi la compie mentre fare come un'azione che si riversa su un oggetto esterno.
Le più alte per dignità sono le prime, e, tra queste, la più importande è indubbiamente la Metafisica, da cui conviene iniziare la nostra analisi.
Il termine Metafisica non venne mai usato da Aristotele, che prediligeva espressioni quali filosofia prima o teologia in opposizione alla filosofia seconda o fisica e fu ipotizzato che tale termine fu coniato da Andronico da Rodi nell'edizione dell'opera del I secolo a.C., ma anche tale tesi non sembra verificata.
In ogni caso, per Aristotele la Metafisica è la scienza che si occupa delle realtà al di sopra di quelle fisiche e, dopo di esso, verrà chiamato metafisico ogni tentativo di oltrepassare il mondo empirico verso una realtà superiore.
La metafisica (l'opera) si divide in quattro parti, che confluiscono fluidamente l'una nell'altra:
1. L'Archeologia: riprende tutta la filosofia precedente, non tanto come critica verso i suoi predecessori, ma alla ricerca di cause nuove che egli, nella Fisica, non aveva evidenziato.
Le cause che quindi saranno soggette ad analisi sono:
- causa formale (la Forma o configurazione che una cosa ha)
- causa materiale (cio di cui una cosa è fatta)
- causa efficiente (il motore che produce il movimento o ciò che ha generato un tale oggetto)
- causa finale (il telos o fine a cui un tale oggetto tende)
2.L'Ontologia: dopo aver analizzato in modo analitico le caratteristiche dell'Essere di Parmenide, Aristotele si rende conto che i limiti che egli impone introducono ovunque il non essere, rendendo inspiegabile tutto il resto. Appare dunque indispensabile considerare l'essere in una concezioni più ampia, attribuendogi quattro significati analogici (modi simili di riferirsi alla sostanza, di cui tutti si dice), riprendendo sia i filosofi Monisti (in quanto vi è comunque il riferimento ad un solo genere) sia ai Pluralisti.
I quattri significati dell'essere (che verranno trattati in modo approfondito in separata sede):
- dell'atto e della potenza (il divenire)
- del giudizio (essere logico)
- categoriale
- accidentale
Poichè questi significati fanno riferimento alla sostanza, dall'ontologia si passa all'usiologia.
3. L'Usiologia: scienza che si propone di rispondere, essenzialmente, a due domande: Che cos'è la sostanza? Esistono altri tipi di sostanze oltre quelle sensibili?
Prima di passare alla trattazione dell'usiologia vera e proprio è però indispensabile chiarire i concetti di forma, materia e sinolo poichè in essi si cercherà la sostanza.
Forma: essenza intima delle cose
Materia: ciò di cui una cosa è fatta
Sinolo: composto di materia e forma
Facendo l'esempio di una statua chiamiamo Forma ciò che essa impersonifica (ad esempio una dea), Materia il materiale di cui è composta (ad esempio il bronzo) e Sinolo la statua nel suo insieme.
Aristotele identifica, dunque, cinque caratteristiche definitorie della sostanza, che poi andrà a confrontare con gli enti sopraindicati:
1.Non inerente ad altro, ma che è sostrato di inerenza e di predicazione
2.Determinata
3.Separata, dotata di una sussistenza autonoma
4.Unitaria, non un aggregato disordinato di parti
5.In atto
Analizzando queste cinque caratteristiche Aristotele passa in rassegna gli enti sopra indicati, ricercando quali abbbiano le qualità per poter essere definite sostanza:
1.La Materia è solo non inerente ad altro e viene quindi definita sostanza in senso debole (tale espressione non deve però trarre in inganno: dopo la dottrina platonica il mondo sensibile era stato sfortemente svalutato e il ritrovare, seppur in minima parte, la sostanza anche nell'individuale rappresenta una grande svolta in opposizione alle filosofie appena precedenti)
2.La Forma possiede tutte e cinque le caratteristiche e può quindi essere definita sostanza in senso pieno 3.Il sinolo, dunque, essendo l'unione di Forma e Materia, sarà pienamente sostanza ma ontologicamente inferiore rispetto alla forma pura. Individuata la sostanza, si passa alla teologiaa
4.La Teologia: scienza che studia gli esseri sovrasensibili. Viene definita spesso anche come Filosofia prima e rappresenta il significato più alto della Metafisica, quella maggiormente influenzata da Platone. Aristotele infatti, con la Teologia, cerca di risolvere i problemi evidenziati dalla seconda navigazione platonica riconfermando alcuni suoi risoltati ed andando in un certo senso oltre Platone.
Aristotele, dopo aver confermato nell'usiologia che la sostanzasi trova massimamente nella pura forma, si accinge quindi a ricercare se esiste e dove essa sia.
Se non esistesse la forma pura (che è solo atto), dice Aristotele, non dovrebbero esistere realtà e fenomeni eterni ed incorruttibile, caratteristiche proprie del solo atto. Ma attraverso l'analisi della realtà sensibile si rende conto che esisteno il movimento ed il tempo, sempre uguali a se stessi e ciò rende indispendabile l'esistenza di un motore immobile che imprima ad essi l'energheia affinchè possano eternamente avvenire. Per il principio del primato dell'atto, infatti, ogni cosa che avviene ha necessariamente bisogno di un motore che renda possibile il passaggio dalla potenza all'atto e questa causa per il principio di non risalita all'infinito deve essere per forza immobile. Ponendo infatti un motore mobile sarebbe necessario un principio ancora precedente che lo spieghi, ma ciò per Aristotele è inaccettabile: bisogna necessariamente arrivare ad una causa prima che non necessita di un' ulteriore spiegazione. Ecco, dunque, un piccolo schema in cui vengono riportate le caratteristiche del motore immobile:
1.Eterno (se eterno è il movimento, eterna deve esserne la causa)
2.Immobile
3.Puro atto (se avesse la potenza potrebbe anche non passare mai all'atto e sarebbe quindi soggetto al divenire.
E' dunque il motore immobile quella sostanza sovrasensibile di qui eravamo in cerca.
Il Primo Motore Immobile viene inoltre definita quale forza attrattiva che muove come l'oggetto dell'amore attrae l'amante. E' infatti pensiero di pensiero che attrae a sè tutti gli oggetti sensibili imprimendo loro l'energia necessaria per muoversi. Questo principio è dunque Vita, quella vita perfetta che a noi è possibile solo per breve tempo: la vita del puro pensiero (in sè medesimo in quanto il motore immobile non può pesare oltre se stesso poichè acquisirebbe nuove conoscenze mediante un passaggio dalla potenza all'atto).
Il termine Metafisica non venne mai usato da Aristotele, che prediligeva espressioni quali filosofia prima o teologia in opposizione alla filosofia seconda o fisica e fu ipotizzato che tale termine fu coniato da Andronico da Rodi nell'edizione dell'opera del I secolo a.C., ma anche tale tesi non sembra verificata.
In ogni caso, per Aristotele la Metafisica è la scienza che si occupa delle realtà al di sopra di quelle fisiche e, dopo di esso, verrà chiamato metafisico ogni tentativo di oltrepassare il mondo empirico verso una realtà superiore.
La metafisica (l'opera) si divide in quattro parti, che confluiscono fluidamente l'una nell'altra:
1. L'Archeologia: riprende tutta la filosofia precedente, non tanto come critica verso i suoi predecessori, ma alla ricerca di cause nuove che egli, nella Fisica, non aveva evidenziato.
Le cause che quindi saranno soggette ad analisi sono:
- causa formale (la Forma o configurazione che una cosa ha)
- causa materiale (cio di cui una cosa è fatta)
- causa efficiente (il motore che produce il movimento o ciò che ha generato un tale oggetto)
- causa finale (il telos o fine a cui un tale oggetto tende)
2.L'Ontologia: dopo aver analizzato in modo analitico le caratteristiche dell'Essere di Parmenide, Aristotele si rende conto che i limiti che egli impone introducono ovunque il non essere, rendendo inspiegabile tutto il resto. Appare dunque indispensabile considerare l'essere in una concezioni più ampia, attribuendogi quattro significati analogici (modi simili di riferirsi alla sostanza, di cui tutti si dice), riprendendo sia i filosofi Monisti (in quanto vi è comunque il riferimento ad un solo genere) sia ai Pluralisti.
I quattri significati dell'essere (che verranno trattati in modo approfondito in separata sede):
- dell'atto e della potenza (il divenire)
- del giudizio (essere logico)
- categoriale
- accidentale
Poichè questi significati fanno riferimento alla sostanza, dall'ontologia si passa all'usiologia.
3. L'Usiologia: scienza che si propone di rispondere, essenzialmente, a due domande: Che cos'è la sostanza? Esistono altri tipi di sostanze oltre quelle sensibili?
Prima di passare alla trattazione dell'usiologia vera e proprio è però indispensabile chiarire i concetti di forma, materia e sinolo poichè in essi si cercherà la sostanza.
Forma: essenza intima delle cose
Materia: ciò di cui una cosa è fatta
Sinolo: composto di materia e forma
Facendo l'esempio di una statua chiamiamo Forma ciò che essa impersonifica (ad esempio una dea), Materia il materiale di cui è composta (ad esempio il bronzo) e Sinolo la statua nel suo insieme.
Aristotele identifica, dunque, cinque caratteristiche definitorie della sostanza, che poi andrà a confrontare con gli enti sopraindicati:
1.Non inerente ad altro, ma che è sostrato di inerenza e di predicazione
2.Determinata
3.Separata, dotata di una sussistenza autonoma
4.Unitaria, non un aggregato disordinato di parti
5.In atto
Analizzando queste cinque caratteristiche Aristotele passa in rassegna gli enti sopra indicati, ricercando quali abbbiano le qualità per poter essere definite sostanza:
1.La Materia è solo non inerente ad altro e viene quindi definita sostanza in senso debole (tale espressione non deve però trarre in inganno: dopo la dottrina platonica il mondo sensibile era stato sfortemente svalutato e il ritrovare, seppur in minima parte, la sostanza anche nell'individuale rappresenta una grande svolta in opposizione alle filosofie appena precedenti)
2.La Forma possiede tutte e cinque le caratteristiche e può quindi essere definita sostanza in senso pieno 3.Il sinolo, dunque, essendo l'unione di Forma e Materia, sarà pienamente sostanza ma ontologicamente inferiore rispetto alla forma pura. Individuata la sostanza, si passa alla teologiaa
4.La Teologia: scienza che studia gli esseri sovrasensibili. Viene definita spesso anche come Filosofia prima e rappresenta il significato più alto della Metafisica, quella maggiormente influenzata da Platone. Aristotele infatti, con la Teologia, cerca di risolvere i problemi evidenziati dalla seconda navigazione platonica riconfermando alcuni suoi risoltati ed andando in un certo senso oltre Platone.
Aristotele, dopo aver confermato nell'usiologia che la sostanzasi trova massimamente nella pura forma, si accinge quindi a ricercare se esiste e dove essa sia.
Se non esistesse la forma pura (che è solo atto), dice Aristotele, non dovrebbero esistere realtà e fenomeni eterni ed incorruttibile, caratteristiche proprie del solo atto. Ma attraverso l'analisi della realtà sensibile si rende conto che esisteno il movimento ed il tempo, sempre uguali a se stessi e ciò rende indispendabile l'esistenza di un motore immobile che imprima ad essi l'energheia affinchè possano eternamente avvenire. Per il principio del primato dell'atto, infatti, ogni cosa che avviene ha necessariamente bisogno di un motore che renda possibile il passaggio dalla potenza all'atto e questa causa per il principio di non risalita all'infinito deve essere per forza immobile. Ponendo infatti un motore mobile sarebbe necessario un principio ancora precedente che lo spieghi, ma ciò per Aristotele è inaccettabile: bisogna necessariamente arrivare ad una causa prima che non necessita di un' ulteriore spiegazione. Ecco, dunque, un piccolo schema in cui vengono riportate le caratteristiche del motore immobile:
1.Eterno (se eterno è il movimento, eterna deve esserne la causa)
2.Immobile
3.Puro atto (se avesse la potenza potrebbe anche non passare mai all'atto e sarebbe quindi soggetto al divenire.
E' dunque il motore immobile quella sostanza sovrasensibile di qui eravamo in cerca.
Il Primo Motore Immobile viene inoltre definita quale forza attrattiva che muove come l'oggetto dell'amore attrae l'amante. E' infatti pensiero di pensiero che attrae a sè tutti gli oggetti sensibili imprimendo loro l'energia necessaria per muoversi. Questo principio è dunque Vita, quella vita perfetta che a noi è possibile solo per breve tempo: la vita del puro pensiero (in sè medesimo in quanto il motore immobile non può pesare oltre se stesso poichè acquisirebbe nuove conoscenze mediante un passaggio dalla potenza all'atto).
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lunedì 6 maggio 2013
Le opere di Aristotele
Gli scritti di Aristotele si dividono in due grandi gruppi: gli scritti esoterici, composti in forma dialogica e destinate alla pubblicazione (dall'avverbio greco exò, che significa "fuori") e gli scritti essoterici o acraomatici, che contengono gli appunti redatti per le lezioni in forma sparsa e frammentaria.
Tali opere vennero redatte ed organizzate da Andronico da Rodi, un filosofo peripatetico vissuto in Grecia nel I secolo a.C. e ciò causò una diminuzione di interesse per le opere pubblicate tanto da determinarne la scomparsa quasi totale.
Forse la prima opera pubblicata fu Il Grillo o Sulla Retorica (in difesa alle critiche volte da Isocrate nei confronti di Platone).
Le opere che sono pervenute fino a noi, dunque, quasi totalmente acraomatiche, eccezzion fatta per alcuni frammenti tratti da: Protettico (un'esortazione alla filosofia), Sulla Filosofia e Sulle Idee, Eudemo (un dialogo sull'immortalità dell'anima).
Gli scritti essoterici pervenutici si possono così suddividere:
1. Opere di carattere logica-linguistico: L'interpretazione (breve studio sulle funzioni sistematiche del linguaggio), Le Categorie, Analitici primi (sul sillogismo), Analitici secondi (sulla dimostrazione), i Topici (sulla dialettica) e Le confutazioni sofistiche (lo studio dei metodi contraffatti del confutare).
2. Opere di fisica: Fisica (teoria generale della natura), Il cielo (astronomia e cosmologia), Nascita e morte, Meteorologia, Storia degli animali, Generazione degli animali (genetica ed embrionologia), Parti degli animali (anatomia e fisiologia), Locomozione degli animali, L'anima (brevi trattati di psicofisiologia), Il senso, La memoria.
3. Metafisica (sui problemi filosofici della fisica).
4. Opere morali, politiche, di poetica e di retorica: Etica eudemea, Etica nicomachea, Grande etica, Politica (distinzione delle forme di governo), La poetica (teoria della composizione drammatica), Retorica (studio dell'argomentazione persuasiva), La costituzione degli ateniesi.
Vanno aggiunte inoltre delle opera apocrife come la Retorica ad Alessandro.
Tali scritti non godettero però di una fama immediata, poichè, quando Aristotele abbandonò Atene nel 323 a.C. le sue opere non vennero più riprese se non dagli Arabi, per poi tornare in Occidente non prima del XII secolo.
In particolare, nel Medioevo, ne venne ostacolata la diffusione, per paura che rappresentassero una spiegazione concorrenziale a quella cristiana, tanto che vennero messi nell'Indice dei Libri Proibiti poichè in discordanza con la contemporanea filosofia scolastica.
Vennero però rivalutate da un frate domenicano, Tommaso d'Aquino, che cercò di sintetizzare la dottrina aristotelica con quella cristiana, mostrando che il pensiero di Aristotele non rappresentava un pericolo, ma poteva invece aiutare ad interpretare la Scrittura, tanto che venner riconosciuto Doctor Angelicus dai suoi contemporanei.
Forse la prima opera pubblicata fu Il Grillo o Sulla Retorica (in difesa alle critiche volte da Isocrate nei confronti di Platone).
Le opere che sono pervenute fino a noi, dunque, quasi totalmente acraomatiche, eccezzion fatta per alcuni frammenti tratti da: Protettico (un'esortazione alla filosofia), Sulla Filosofia e Sulle Idee, Eudemo (un dialogo sull'immortalità dell'anima).
Gli scritti essoterici pervenutici si possono così suddividere:
1. Opere di carattere logica-linguistico: L'interpretazione (breve studio sulle funzioni sistematiche del linguaggio), Le Categorie, Analitici primi (sul sillogismo), Analitici secondi (sulla dimostrazione), i Topici (sulla dialettica) e Le confutazioni sofistiche (lo studio dei metodi contraffatti del confutare).
2. Opere di fisica: Fisica (teoria generale della natura), Il cielo (astronomia e cosmologia), Nascita e morte, Meteorologia, Storia degli animali, Generazione degli animali (genetica ed embrionologia), Parti degli animali (anatomia e fisiologia), Locomozione degli animali, L'anima (brevi trattati di psicofisiologia), Il senso, La memoria.
3. Metafisica (sui problemi filosofici della fisica).
4. Opere morali, politiche, di poetica e di retorica: Etica eudemea, Etica nicomachea, Grande etica, Politica (distinzione delle forme di governo), La poetica (teoria della composizione drammatica), Retorica (studio dell'argomentazione persuasiva), La costituzione degli ateniesi.
Vanno aggiunte inoltre delle opera apocrife come la Retorica ad Alessandro.
Tali scritti non godettero però di una fama immediata, poichè, quando Aristotele abbandonò Atene nel 323 a.C. le sue opere non vennero più riprese se non dagli Arabi, per poi tornare in Occidente non prima del XII secolo.
In particolare, nel Medioevo, ne venne ostacolata la diffusione, per paura che rappresentassero una spiegazione concorrenziale a quella cristiana, tanto che vennero messi nell'Indice dei Libri Proibiti poichè in discordanza con la contemporanea filosofia scolastica.
Vennero però rivalutate da un frate domenicano, Tommaso d'Aquino, che cercò di sintetizzare la dottrina aristotelica con quella cristiana, mostrando che il pensiero di Aristotele non rappresentava un pericolo, ma poteva invece aiutare ad interpretare la Scrittura, tanto che venner riconosciuto Doctor Angelicus dai suoi contemporanei.
Vita di Aristotele
Aristotele nacque nel 384-383 a.C. a Stagira, nella corte macedone in cui il padre era, probabimente, medico. A circa 18 anni, nel 366-365 a.C. si trasferì ad Atene, dove perfezionò la sua formazione entrando nell'Accademia di Platone, e vi rimase per circa vent'anni. Non sappiamo quale sia stato il ruolo di Aristotele all'interno della scuola: probabilmente tenne lezioni di retorica e lavorò circa i rapporti tra la Idee che in quel periodo il suo maestro stava specificando.
Alla morte di Platone, nel 347, Aristotele, deluso dal fatto che non gli fosse stata affidata la direzione dell'Accademia e a causa della quasi netta opposizione con il pensiero del nuovo maestro, Speusippo, si recò dapprima in Asia Minore, ospite del tiranno di Atarneo Ermia, poi a Mitilene (nell'isola di Lesbo). In questo periodo continuò a dedicarsi all'insegnamento, probabilmente più incentrato sulla discipline propriamente filosofiche ad Asso mentre più scientifiche a Mitilene, dove, tra l'altro, incontro Teorfrasto, che diverrà il suo successore al Peripato. Nel 343-342 Filippo secondo lo chiamò a corte e gli affidò l'educazione del figlio Alessandro, personaggio che rivouzionerà la storia greca. Purtroppo sappiamo pochissimo del rapporto che si creò tra i due personaggi. Vi rimase, probabilmente, fino alla salita al trono di Alessandro, nel 366. Forte dell'appoggio del re macedone, tornò quindi ad Atene dove fondò il Liceo, una scuola che non prevedeva vita comunitara ma che era centro di studio e di ricerca (fu detta in un secondo tempo Peripato, a causa dell'abitudine di passaggiare durante le lezioni, dal greco perìpatos = passeggiata). Per un certo periodo, quindi, la scuola di Aristotele si oppose all'Accademia, fino a quando a eclissò totalmente.
Nel 323, morto Alessandro Magno, per Aristotele fu impossibile rimanere ad Atene, reo di essere stato maestro di quello che era per gli Ateniesi un grande nemico. Si trasferì quindi a Calcide lasciando a Teofrasto la direzione del Liceo. Morì nel 322 a.C. poco dopo l'esilio.
Alla morte di Platone, nel 347, Aristotele, deluso dal fatto che non gli fosse stata affidata la direzione dell'Accademia e a causa della quasi netta opposizione con il pensiero del nuovo maestro, Speusippo, si recò dapprima in Asia Minore, ospite del tiranno di Atarneo Ermia, poi a Mitilene (nell'isola di Lesbo). In questo periodo continuò a dedicarsi all'insegnamento, probabilmente più incentrato sulla discipline propriamente filosofiche ad Asso mentre più scientifiche a Mitilene, dove, tra l'altro, incontro Teorfrasto, che diverrà il suo successore al Peripato. Nel 343-342 Filippo secondo lo chiamò a corte e gli affidò l'educazione del figlio Alessandro, personaggio che rivouzionerà la storia greca. Purtroppo sappiamo pochissimo del rapporto che si creò tra i due personaggi. Vi rimase, probabilmente, fino alla salita al trono di Alessandro, nel 366. Forte dell'appoggio del re macedone, tornò quindi ad Atene dove fondò il Liceo, una scuola che non prevedeva vita comunitara ma che era centro di studio e di ricerca (fu detta in un secondo tempo Peripato, a causa dell'abitudine di passaggiare durante le lezioni, dal greco perìpatos = passeggiata). Per un certo periodo, quindi, la scuola di Aristotele si oppose all'Accademia, fino a quando a eclissò totalmente.
Nel 323, morto Alessandro Magno, per Aristotele fu impossibile rimanere ad Atene, reo di essere stato maestro di quello che era per gli Ateniesi un grande nemico. Si trasferì quindi a Calcide lasciando a Teofrasto la direzione del Liceo. Morì nel 322 a.C. poco dopo l'esilio.
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